Nella mia classe, l’anno scorso, hanno scoperto il “lettering”, cioè l’arte di curare la scrittura. Non posso parlare di calligrafia, perché non è ancora compiuto il percorso che, in tre anni di scuola secondaria di primo grado, ha condotto a temi quasi del tutto leggibili. La capacità di tenere penna e matita in mano sembra, oggi, una conquista, non tanto per il prevalere dell’uso della tastiera del computer o quella touch del telefonino, ma perché manca proprio l’abitudine a farlo. Innanzitutto, manca forse l’esempio e, appena ce n’è uno, sbocciano sulla carta caratteri che si possono riconoscere come leggibili.
Mi aveva colpito molto, tempo fa, un articolo sul metodo Primavera, che rivaluta l’uso del carattere corsivo e associa la scrittura a mano con il miglioramento della percezione spaziale e anche della sicurezza nelle proprie capacità. I giovani zappatori di carta e inchiostro, che non sapevano tracciare “una linea di 10 quadretti” e lasciavano segni a caso, senza nessun intento comunicativo, a poco a poco hanno cominciato a scrivere per dire qualcosa. Hanno anche imparato a dirlo piuttosto bene. Penso spesso alla cura degli amanuensi nel tracciare lettere decorate e raffinate, degli orientali nel disegnare pittogrammi, e penso anche ai “writer” che lasciano segni d’arte e di protesta sui muri delle città.
Ad un certo punto è successo.
Ad un certo punto è arrivato lui, l’esempio.
«Prof, però anche lei scrive male». Vero. Però scrivo dritto. Se voglio posso scrivere anche bene. Posso scegliere.
Naturalmente non hanno imparato da me, ma ci siamo messi, al pomeriggio, a disegnare aste, cerchi e cornicette. Al mattino, abbiamo cominciato a scegliere come gestire il foglio, nei (rari) quaderni, o ancor meglio sui cartelloni scritti insieme nei lavori a gruppi di quattro. I quattro, però, hanno ciascuno un compito, tra cui quello di farsi capire dai compagni.
Intanto, le ragazze, meno della metà della classe, hanno scoperto i disegni, i colori, le decorazioni. Ne è bastata una appassionata di manga e l’imitazione è dilagata.
Ora i quaderni (quando ci sono) hanno copertine colorate e decorate; le pagine inalberano intestazioni con il mix maiuscolo/minuscolo; i pennarelli, gli evidenziatori, i colori compaiono su quasi tutti i banchi e decorano le pagine (anche dei compiti in classe, sì).
Nell’alternanza fra lezioni in presenza e a distanza, i colori sono diventati il punto d’onore di ogni presentazione, su mappe mentali, cartelloni o slide.
Uno comincia, l’altra migliora, tutti imitano.
Si prova e si sbaglia, si commenta e si sperimenta ancora.
Fra poco l’anno scolastico sarà concluso, si chiude un’esperienza (difficile) e si apre un mondo.
Ma finché siamo insieme, continuiamo a imitare e sperimentare, per mostrare agli altri l’universo che siamo in grado di creare ogni giorno.