Nella mia classe, l’anno scorso, hanno scoperto il “lettering”, cioè l’arte di curare la scrittura. Non posso parlare di calligrafia, perché non è ancora compiuto il percorso che, in tre anni di scuola secondaria di primo grado, ha condotto a temi quasi del tutto leggibili. La capacità di tenere penna e matita in mano sembra, oggi, una conquista, non tanto per il prevalere dell’uso della tastiera del computer o quella touch del telefonino, ma perché manca proprio l’abitudine a farlo.
Chi è, davvero, il mostro?
«C’era un re…». Mi verrebbe voglia di iniziare così, come nelle fiabe, e nelle filastrocche dispettose dell’infanzia: «c’era un re, seduto sul sofà, che disse alla sua serva: “Raccontami una storia!” E la serva incominciò: “C’era un re…”». Anche qui c’è un re, si chiama “Teo il Temerario” e in effetti un po’ temerario lo è. Lo troviamo nel “libro della quarantena” J.K. Rowling, quello dal titolo più strano di tutti: “L’Ickabog”.
La conoscenza condivisa e Zootropolis
Ho riguardato “Zootropolis”. Si tratta di un cartone animato, in cui i buoni vincono sui cattivi, ma chi sono davvero i “cattivi”? Mi è tornata in mente una delle mie letture da comodino di questo momento: “La classe come comunità di apprendimento”. E anche un po’ “Castle”, la serie tv con gli affascinanti Nathan Fillion e Stana Katic.