Nella mia classe, l’anno scorso, hanno scoperto il “lettering”, cioè l’arte di curare la scrittura. Non posso parlare di calligrafia, perché non è ancora compiuto il percorso che, in tre anni di scuola secondaria di primo grado, ha condotto a temi quasi del tutto leggibili. La capacità di tenere penna e matita in mano sembra, oggi, una conquista, non tanto per il prevalere dell’uso della tastiera del computer o quella touch del telefonino, ma perché manca proprio l’abitudine a farlo.
La paura e la fiducia, non sono solo fiabe
È tutta colpa di Vladimir Propp, che ha insistito per trovare una radice comune ai racconto popolari. Partendo da più di cento storie, ha descritto nella sua “Morfologia della fiaba” il modo in cui i buoni vengono messi in difficoltà, quasi eliminati e poi salvati per un (apparente) lieto fine. E quindi poi è stata anche colpa di Claude Lévi-Strauss e Roland Barthes, che da Propp hanno largamente attinto.
Chi è, davvero, il mostro?
«C’era un re…». Mi verrebbe voglia di iniziare così, come nelle fiabe, e nelle filastrocche dispettose dell’infanzia: «c’era un re, seduto sul sofà, che disse alla sua serva: “Raccontami una storia!” E la serva incominciò: “C’era un re…”». Anche qui c’è un re, si chiama “Teo il Temerario” e in effetti un po’ temerario lo è. Lo troviamo nel “libro della quarantena” J.K. Rowling, quello dal titolo più strano di tutti: “L’Ickabog”.
Lettere, mail, schermi: “metti la cera, togli la cera”
Imparare a distanza è un’azione che si è compiuta spesso. Le lettere dei precettori ai loro pupilli, le lettere degli studenti agli amici per riceverne consigli e correzioni. Ugo Foscolo, sedicenne, scrive all’amico Gaetano Fornasini per farsi correggere alcune poesie. Ettore Majorana segue attraverso le sue lettere la formazione dell’allievo Rolando Pelizza. Seneca scrive a Lucilio perché gli esempi di vita possano essere per lui guida pedagogica.
Fare e disfare nella ricerca-azione
Penelope è il personaggio perfetto, che crea nuove soluzioni per ogni problema che le si ponga davanti. Il suo telo funebre per l’anziano suocero Laerte viene tessuto e disfatto per tre anni, pur di raggiungere lo scopo: ritardare le nozze con uno dei Proci, aspettare il ritorno del re legittimo, e sposo, Ulisse.
Una lezione al contrario
La classe rovesciata, la classe capovolta, la “flipped classroom”: ma perché dobbiamo visualizzare gli studenti a testa in giù?
Il rovesciamento della classe non sta nel fatto che si capovolge e basta, ma consiste nel ribaltare i ruoli: non è più (solo) il professore a salire in cattedra e spiegare, ma anche gli studenti sono invitati a prepararsi la lezione, perché poi si discute insieme e si applicano le nozioni.