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Chi è, davvero, il mostro? Ce lo dice J.K. Rowling

29 Novembre 2020 | letture

«C’era un re…». Mi verrebbe voglia di iniziare così, come nelle fiabe, e nelle filastrocche dispettose dell’infanzia: «c’era un re, seduto sul sofà, che disse alla sua serva: “Raccontami una storia!” E la serva incominciò: “C’era un re…”».

Anche qui c’è un re, si chiama “Teo il Temerario” e in effetti un po’ temerario lo è. Lo troviamo nel “libro della quarantena” J.K. Rowling, quello dal titolo più strano di tutti: “L’Ickabog”. Il mostro è lui, vero o immaginario: quello che non sa, è la cascata di delitti che la sua stessa idea provocherà nel regno di Cornucopia. Re Teo un po’ capisce e un po’ no, ma è come intontito dalla troppa ricchezza, dai complimenti e dagli applausi che i suoi sudditi gli prodigano. Se solo pensasse un po’ di più…

La storia è stata diffusa durante il lockdown da una mamma per i suoi figli, anche i tantissimi figli letterari. Mentre i media e i social si scagliavano contro la Rowling per qualunque sua affermazione, tanto per alimentare le chiacchiere da divano, in mancanza di quelle da bar, lei creava storie e lanciava sfide. In ogni Stato in cui il libro è stato tradotto, le illustrazioni sono create da bambini che, chiusi in casa, hanno disegnato a modo loro i personaggi e i panorami della fiaba.

Un paesaggio di fantasia, una paura condivisa, il desiderio di condividere, fortissimo. Senza saperlo, la Rowling comincia a raccontare e applica alcune interessanti teorie pedagogiche: in realtà, nell’attuare un “diario di classe”, sono gli alunni stessi a raccontare e costruire, ma a volte sono felici di ricevere uno stimolo comune, che non sia il compito che poi riceverà una valutazione.

J.K. Rowling racconta e i ragazzi disegnano, gli adulti spiegano e sognano anche un po’. L’età giusta è dai nove anni in poi, ma con il libri conviene comportarsi come con i vestiti: si prendono le misure, si prova il nuovo capo e sarà la ragazza o il ragazzo a decidere se è già il momento per indossarlo. O per leggere il libro, ripeterne le citazioni, ricostruire la mappa dei paesaggi della storia.

Il “diario di classe” è suggerito come strategia per le cosiddette classi difficili, ma quando si è (pre) adolescenti tutto è difficile. Nel momento in cui il corpo cambia e bisogna, si vuole, si è costretti a cambiare prospettiva, saper scaricare le emozioni troppo forti, disturbanti, diventa una pratica igienica, come lavarsi le mani.

In una classe, potenzialmente “difficile”, abbiamo iniziato il primo anno: un quaderno grande di tutta la classe, un “colore preferito” per lasciare il segno, spesso l’anonimato nei messaggi, l’argomento proposto dall’insegnante, il «come mi sento oggi?», quello che a volte nessuno ci chiede. Siamo al terzo anno di diario, scriviamo quando ne sentiamo il bisogno, e ora ce ne sarebbe tanto… Poi leggiamo insieme. Nessuno è obbligato a firmarsi, però nel momento della condivisione viene da dire «questa frase è mia». Per Natale, nei due anni scorsi, ci siamo regalati a vicenda auguri e desideri: li abbiamo appesi con bigliettini colorati, boule di carta su un albero di carta, e abbiamo espresso i nostri desideri, condiviso ricette golose, scritto auguri di fantasia.
Quest’anno chissà, ne abbiamo già parlato alcune volte: il diario ci manca, abbiamo ancora vecchie pagine da rileggere, pensieri da rispolverare. Come quella volta in cui il compito era andato male, diversi piangevano, però al momento di scrivere “come mi sento oggi”, tante risposte hanno guardato al futuro migliore: la partita con gli amici, la pizza in famiglia, il nuovo acquisto con i genitori.

Bisogna imparare dagli studenti: condividiamo i pensieri e scopriamo che il meglio deve ancora arrivare.

Bibliografia

  • Baldacci, M. (2006), Ripensare il curricolo. Principi educativi e strategie didattiche, Carocci, Roma;
  • Baldacci, M. (2008), Una scuola a misura di alunno. Qualità dell’istruzione e successo formativo, UTET, Novara;
  • Calvani, A. (2012b), Per un’istruzione evidence based, Erickson, Trento;
  • Demo H. (2015), Didattica delle differenze. Proposte metodologiche per una classe inclusiva, Erickson, Trento;
  • Salmaso, L. (2015), Studio dell’interazione tra Funzioni Esecutive e percorsi di qualificazione dell’apprendimento attraverso dispositivi di narrazione multilineare in una prospettiva evolutiva dalla seconda infanzia alla preadolescenza. Tesi di dottorato, Università Ca’ Foscari, Venezia;
  • Vygotskij, L.S. (1987).,Il processo cognitivo, Bollati Boringhieri, Torino.

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