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La saggezza di Gabo

15 Novembre 2020 | letture

Ci sono quei libri che ti chiamano. Passi tra i tavoli, le bancarelle, gli scaffali, e ti chiamano. Allora ti fermi con l’aria un po’ supponente, prendi il libro e lo rigiri, cercando un buon motivo per tornare a cercare qualcosa di più intrigante. La copertina, non va… Nella quarta c’è solo una citazione… Però il titolo è di quelli che ti catturano. Devi aver quel libro, metterlo sul comodino, leggerlo in un momento speciale, gustando fino all’ultima emozione.

Questo è uno di quei libri.

“Come si scrive un racconto”, di Gabriel Garcìa Marquez, edizione Giunti Demetra. Anzi, “Cómo se cuenta un cunto”, che mi fa subito venire in mente “Lo cunto de lo cunti” della nostra tradizione. Ma è il nome Garcìa Marquez che non mi lascia dubbi, perché dopo “L’amore ai tempi del colera” e “Cent’anni di solitudine ho imparato che lui è il maestro delle emozioni, delle pause e dei colpi di scena.

Potrebbe essere una raccolta di consigli, di quelli che gli editori si inventano postumi, per cavalcare ancora un po’ il Nome. Invece no, questo è un racconto, anzi una sceneggiatura immersiva, che ci trasporta in una esperienza vera, a lezione con lui.

«Un giorno mi chiamano dalla televisione per chiedermi tredici storie d’amore ambientate in America Latina». Il libro è così, possiamo immaginarci i partecipanti al laboratorio mentre discutono: Gabo conduce il gioco, in camicia bianca. Ascolta socchiudendo gli occhi, poi si appoggia alle ginocchia, con entrambi i gomiti per guardare con intensità, oppure con una mano sola, per segnare con l’altra che la storia sta prendendo un’altra piega.

Forse, solo adesso scoprirete che il libro fa parte della “Collana laboratorio di cinema” diretta dallo stesso Gabo. Forse non guarderete più con gli stessi occhi un film, una serie o un corto. Le riflessioni sul montaggio ricadono sulle riprese e sulla sceneggiatura. Un film deve prima essere raccontato, ci devono essere domande e risposte, per svelare la complessità dei personaggi, per dare realtà alle scene e ai sentimenti.

In fondo, alla fine delle “Sette giornate” di racconti, c’è un “Elogio della saggezza”, quella che ti instilla il dubbio, che fa sentire insicuro Gabo anche sul palco su cui ha ritirato il premio Nobel, nel 1982: «Ci hanno creduto! Se la sono bevuta!».
Il grande narratore ci conduce per mano fino alla fine, per consegnarci ancora una volta tra le braccia dell’insicurezza, da cui nasce la narrazione.

Bibliografia

  • Garcia Marquez G. (1985), Come si scrive un racconto, Giunti Demetra, Firenze

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