Leggo Maria Luisa Minarelli e mi viene nostalgia.
I suoi romanzi, pubblicati da Amazon e disponibili su Kindle, sono gialli che raccontano di crimini efferati, piccolezze dell’animo umano, ma con una grazia da nobildonna, con uno sguardo condiscendente, che non perdona ma comprende.
Il suo protagonista è l’avogadore Marco Pisani. Siamo nella Venezia del Settecento, ci si muove in gondola e si indossa la “velada”. In un romanzo spunta persino Giacomo Casanova; in un altro la finzione si consuma a teatro; sullo sfondo di tutti ci sono commerci, turchi, navi che salpabo, sperimentazioni mediche, amori e misteri.
Tutto questo mi va venire nostalgia del teatro, non solo della prosa, con i suoi drammi e le scenografie, ma anche dei monologhi e persino delle operette. Quei sedili scomodi, molesti persino per un teatro, pseudo moderno, di provincia, sono una penitenza che si può sopportare, pur di sentire le voci che risuonano e rimbalzano sulle pareti, vedere i costumi svolazzanti, perdersi nei gesti teatrali degli attori.
Così, per consolarmi, ho riguardato tutti i film dei “Pirati dei Caraibi”, per il gusto di vedere jonny Depp saltellare e ammiccare come se fosse a teatro, fra colpi di scena, ondate furiose e spiagge bianchissime. Ho riletto la polemica sulla sua interpretazione caricaturale del pirata Jack Sparrow, che la stessa Disney ha patito. Certo, se il pirata, da un punto di vista letterario, fosse nato nel Regno Unito di sua maestà o nella Venezia della Minarelli, avrebbe avuto vita più tranquilla. Anzi si sarebbe fatto amare ancora di più.
Allora cito solo tre nomi, tre teatranti di fama e sventura, che sono balsamo per il cuore e gioia di chi ama il teatro. Signori, leviamo il tricorno e inchiniamoci al genio ribelle di William Shakespeare, Molière e Carlo Goldoni.
E così siamo tornati a Venezia, che Goldoni guarda dall’alto del suo piedistallo, con il mezzo sorriso di chi sa.